Come amo Gesù Abbandonato
Primo passo
Al mattino, come è possibile al risveglio, mi predispongo così: “Oggi lo voglio attendere”. Non so cosa mi porterà la giornata, ma so che, in modo imprevedibile, Gesù Abbandonato verrà a me nelle difficoltà, nelle delusioni, forse perfino nelle mie mancanze, in brutte e dolorose notizie.
Gli dichiaro che Egli può venire tranquillamente, che Lo attendo.
Secondo passo
Durante il giorno incontro, quasi sempre diversamente dall’attesa, il negativo attorno a me o in me. In questo momento è importante riconoscerLo subito senza tentennamenti. Non esiste bisogno o colpa in cui Egli nel suo abbandono non sia già presente. In tal modo ogni dolore è suo “sacramento” e ciò che importa, dentro il segno di questo dolore, è riconoscere il volto del Crocifisso e Abbandonato e amando, adorarLo subito.
Terzo passo
Nell’incontrare qualcuno, non solo registro qualcosa, ma lo osservo e lo saluto. Lo chiamo per nome.
Il fatto di chiamare per nome ogni volta Gesù Abbandonato è un esercizio prezioso e molto più di un accorgimento superficiale. Non più “una cosa”, ma un “Tu”. Proprio così ogni mia azione diventa contemplazione.
Quarto passo
Preparare una festa a Gesù Abbandonato. Con questo intendo dire di accoglierLo non solo non tentennando, come si trattasse di un fatto inevitabile, o come di accogliere qualcuno che, pur mio amico, mi capita però inopportunamente.
Invece voglio che Egli non resti seduto in sala d’attesa nemmeno un istante, ma accoglierLo subito, al centro del mio amore, della mia gioiosa disponibilità. Questo è il passaggio nell’amore attraverso il dolore, nella Pasqua attraverso l’abbandono.
Solo chi ama così l’Abbandonato è in quel giorno di festa che non conosce tramonto, perché il suo sole, l’Amore, non tramonta mai.
Klaus Hemmerle, vescovo di Aachen, +1994
(da un suo discorso)
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